Interessarsi alla figura di Jean Guillou presuppone di aprirsi ad un pensiero originale che irriga con eguale energia, diversi campi dell’arte. Se il suo nome è indissolubilmente legato all’organo, avendo acquisito, da tempo, l’unanime riconoscimento internazionale dovuto ad un Maestro, è perché la sua arte di interprete ha aperto al suo strumento di predilezione nuovi spazi espressivi, allontanando di molto i limiti della tecnica strumentale e sfruttandone in modo molto personale i timbri, inventandoli o combinandoli in formule sempre rinnovate, alla maniera dei coloristi, tanto da sollecitare in continuazione l’attenzione dell’ascoltatore e da mettere in luce la struttura delle opere.
Approfittando della sua posizione ai margini dell’ambiente organistico, come interprete, improvvisatore e compositore, Jean Guillou ha senza dubbio gettato un nuovo sguardo sul suo strumento svincolandolo dalla sua secolare impronta religiosa ed avvicinandolo ad une forma d’avanguardia.
L’importanza del suo contributo nel campo organistico non deve tuttavia, occultare la parte restante del suo vasto corpo compositivo né i suoi numerosi scritti, per non dire degli strumenti progettati.
Si ricorderà come prima cosa che Jean Guillou ha messo il suo incredibile virtuosismo strumentale al servizio di una visione innovativa del grande repertorio organistico. Rifiutando le abitudini e le tradizioni, ha continuato a restituire, attraverso il filtro della sua personalità, le opere che approccia, senza considerazioni legate all’epoca della loro composizione.
Così, Bach, Liszt, Mozart o Haendel, Schumann, Franck o Dupré vengono illuminati da una luce costantemente rigenerata da un’interpretazione trascendente e da un’arte della registrazione che ne ha rivelato volti sonori inauditi.
Improvvisatore fecondo, ha dato a quest’arte un impatto drammaturgico che capta l’ascoltatore in un modo del tutto particolare. Ciascuno degli affreschi che ha creato al momento era un’istantanea del flusso musicale interno del quale confidava di essere il vettore, uno zampillare, un’eruzione di energia dal potere narrativo.
Jean Guillou è anche riconosciuto come uno dei più importanti compositori del nostro tempo. E’ l’autore di un vasto corpo di composizioni destinate a strumenti solistici, alla voce, a formazioni cameristiche ed alla grande orchestra.
Le sue pagine organistiche sono naturalmente in prima fila, sia per la loro numerosità sia per il rinnovamento che hanno portato tanto alla forme che al linguaggio.
Attingendo dalla letteratura un’ispirazione ancora inedita, Jean Guillou ha permesso all’organo di esplorare nuove risorse espressive. Il suo universo sonoro unico, segnato da un’energia ritmica divorante e da un lirismo assunto, risuona di canti epici o elegiaci e sospinge l’ascoltatore verso vibranti contrade musicali.
Da tale punto di vista, le due Ballades ossianiques da James MacPherson (Temora op. 8 e Les Chants de Selma op. 23) la Chapelle des âbimes op. 26, da Julien Gracq, le Scènes d’enfant op. 28 da E.A. Poe, Hyperion o La retorica del fuoco op. 45 ispirato da Gaston Bachelard, Regard, op. 77, Macbeth, le Lai de l’ombre op. 84 e Périple, op. 87, rigenerano, a modo loro, la forma del poema sinfonico.
Polverizzando i limiti di uno strumento peraltro fisicamente già immenso, Jean Guillou gli ha conferito una dimensione “spazializzata” nella sua Symphonie Initiatique op. 18 per tre organi, (poi nella ultima versione, per due organisti), nella Rivolta degli organi op. 69, per un grande organo, percussioni ed otto organi, così come in otto dei suoi dieci Colloques che lo fanno dialogare, alla maniera di Platone o di Erasmo, con il pianoforte, le percussioni, il flauto di pan o gli ottoni.
Se la sua musica da camera mette in evidenza un buon numero di strumenti solistici o loro nuove associazioni (tre Sonate per pianoforte, un Quatuor op. 22 per trio di archi e oboe, Co-incidence, op. 63 per violino, Impulso op. 74 per flauto, Poème op. 78 per pianoforte a quattro mani e percussioni,…), vale la pena citare i suoi otto concerti per organo e orchestra, le tre Sinfonie (tra cui la monumentale Sinfonia n° 1 “Judith” op. 21 per mezzosoprano e grande orchestra), due Concerti per pianoforte e l’op. 48, il Concerto per Trombone, quindici ottoni e percussioni.
Inoltre, offrendo una spettacolare espansione al repertorio organistico, Jean Guillou ha adattato alle risorse dell’organo alcune grandi opere di Bach (l’Offerta Musicale, le Variazioni Goldberg), Liszt (Orfeo, Prometeo, Tasso, Valze Oubliée n° 1), Mussorgsky (Quadri di un’esposizione), Stravinsky (Tre danze di Petrushka), Tchaikovsky (la Fata Confetto dallo Schiaccianoci, ma soprattutto lo Scherzo dalla sinfonia “Patetica”), Prokofiev (la Marcia dall’Amore delle tre melarance, la Toccata per pianoforte).
Vere e proprie opere per organo, queste trascrizioni hanno avuto un fortissimo impatto tecnico ed espressivo sul modo di suonare lo strumento.
Infine, senza limitarsi alla cantoria o alla scena, Jean Guillou ha composto anche per il cinema ed il teatro e ha continuato a proporre l’organo per un utilizzo inatteso, associandolo al mimo Marcel Marceau, alla creazione pittorica ed al cinema (nel febbraio 2016, ha improvvisato per il film Nosferatu di Murnau nella Filarmonica di Berlino).
La maggior parte delle sue opere e delle sue trascrizioni è pubblicata da Schott-Music in Germania; le sue numerose registrazioni sono pubblicate da Universal-Philips-Decca, Dorian, Festivo ed Augure.
Artista nutrito dalla letteratura, Jean Guillou ha spesso declamato il suo amore per i grandi autori che lo hanno accompagnato : Platone, Erasmo, Balzac o Mallarmé sono quelli che cita naturalmente, figure alle quali si devono aggiungere Gracq o Saint John Perse per meglio circoscrivere l’influenza che ebbero sul poeta che egli stesso era, come dimostra la sua raccolta di poesie « Il visitatore » (Christophe Chomant Editore, 2018 per la versione italiana), nel contempo sulfuree e liriche.
Due volumi importanti permettono di scoprire il teorico di penetrarne il pensiero : L’organo, memoria e futuro (Carrara, 2011) e La musica ed il gesto (Beauchesne, 2012).
Infine Esprit de suite (Beauchesne, 2019) offre una lettura intima e pedagogica del repertorio ed una presentazione delle sue stesse opere.
Nel campo della costruzione degli organi, l’originalità del suo pensiero e l’attualità delle sue idee sono misurate dagli strumenti innovativi da lui progettati per le chiese dell’Alpe d’Huez (Kleuker), di Notre-Dame-des-Grâces a Bruxelles (Kleuker), di Sant’Antonio dei Portoghesi a Roma (Mascioni), per la cattedrale di León (Klais), ma anche per il Conservatorio di Napoli (Tamburini, Zanin), la Tonhalle di Zurigo (Kleuker, Steinmeyer), strumento récemmente ricollocato nella cattedrale di Capodistria (Slovénia), e per l’auditorium di Tenerife (Blancafort).
Quest’ultimo strumento, con quelli di Roma e di León, prefigurano il suo progetto di Organo a Struttura Variabile. Articolato in 15 casse mobili – alcune delle quali dotate di propria tastiera – governate da una consolle generale e ricco di tutte le risorse foniche di un grande strumento veramente itinerante e polimorfo, aprirà un nuova era dell’organo.
L’insegnamento che ha dispensato per decenni in tutto il mondo, ed in particolare per trentacinque anni ai Meisterkurse di Zurigo, ha fatto scuola suscitando nuove generazioni di organisti.
Nel mese di luglio 2015, fu nominato Professore Onorario della Hochschule für Musik della Saar in Germania.
Nel marzo del 2018 fu insignito a Londra della RCO Medal, la più alta onorificenza del britannico Royal College of Organists.
Dopo il suo titolariato di oltre cinquant’anni che ha dato una fama mondiale all’organo di Saint-Eustache a Parigi, ne venne nominato organista titolare emerito nel mese di settembre del 2014.
Jean Guillou muore a Parigi il 26 gennaio 2019 all’età di 88 anni, poche settimane dopo aver dato il suo ultimo concerto a Monaco di Baviera, il 21 ottobre 2018, durante il quale suonò per l’ultima volta la sua celebre Toccata.
Frederic BRUN,
febbraio 2022